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Dubai, sì o no?

Tempo di lettura : 8 minuti

Chi ci vive ti dirà “assolutamente sì”. Ma se non la conosci, o se la immagini solo come lusso e sabbia, potresti avere in mente la domanda sbagliata. Quando sono arrivata a Dubai, non ero sicura neanch’io. Temevo che fosse tutto troppo: troppo caldo, troppo finto, troppo costoso. Poi ho fatto la spesa al supermercato alle 23:30, sono andata al mare a dicembre, ho preso un caffè con una designer iraniana e un analista brasiliano nello stesso giorno, e ho cominciato a capire. Dubai non è la risposta facile a una vita complicata, ma può diventare una proposta concreta, a condizione di spostare il modo in cui guardi alle cose.
Non è solo per chi fa impresa. È per chi cerca qualcosa che somigli a una seconda occasione: più ordine, più efficienza, più possibilità. Non perfetta, ma dannatamente funzionale.
In questo articolo provo a raccontartela come la racconterei a un’amica: cos’è Dubai davvero, per chi ci vive, per chi ci lavora, per chi ci passa. E perché, per molti, vale la pena dire sì.


Dubai, o la teoria della seconda chance

La prima volta che ho messo piede a Dubai era agosto, e il caldo era quello che ti fa pensare di aver sbagliato pianeta. Appena uscita dall’aeroporto ho avuto un pensiero molto pragmatico: “Qui si sopravvive solo con l’aria condizionata e molta ironia”. La seconda cosa che ho notato, dopo l’umidità, è stata la velocità. Non delle auto, ma delle persone, dei processi, delle decisioni. In meno di 48 ore avevo già attivato un numero di telefono, trovato un piccolo appartamento e ricevuto un’offerta di lavoro (non richiesta, peraltro).

Dubai non è una città che aspetta che tu ti ambienti. Ti mette subito davanti a ciò che è: efficiente, strutturata, ambiziosa.

Una città progettata per funzionare

Dubai non ha storia millenaria, non ha rovine greche, non ha vecchi caffè con intellettuali fumosi. Ha una storia giovane e muscolare, costruita in pochi decenni a colpi di infrastrutture, riforme, visioni ambiziose.
Qui tutto è pensato per semplificare:

  • L’amministrazione pubblica è quasi tutta online.
  • I servizi (banche, utenze, visti, trasporti) sono centralizzati in app che funzionano.
  • Le zone residenziali e commerciali sono organizzate come ecosistemi: supermercato, palestra, farmacia, coworking, scuola, tutto raggiungibile a piedi o in due minuti di auto.

Questo non vuol dire che sia tutto facile. Dubai non ti regala nulla. Ma ti permette di costruire qualcosa con meno ostacoli del solito.

Chi vive qui – e perché

C’è l’imprenditore milanese con base a DIFC. La fisioterapista toscana che lavora con sportivi emiratini. Il DJ francese che suona nei beach club a JBR. La manager indiana con tre figli iscritti alla scuola britannica. Il neolaureato napoletano che fa social media marketing in un’agenzia locale.

Dubai è un microcosmo internazionale ad alta densità di cambiamento. Chi viene qui di solito non lo fa per fuggire, ma per tentare un salto di livello. C’è chi resta sei mesi, chi sei anni, chi si ferma per sempre. Ma quasi tutti arrivano con la stessa sensazione: “voglio vedere se si può vivere meglio”.

Dubai: cosa funziona, cosa no, cosa sorprende

Vivere a Dubai è come avere una sveglia che ti ricorda ogni giorno che il tempo è prezioso. E non solo perché qui le giornate sembrano sempre troppo corte: è l’efficienza diffusa, il ritmo delle persone, il fatto che nessuno perde tempo in cose che altrove sembrano inevitabili.

✅ Cosa funziona davvero

  • L’efficienza amministrativa. Tutto è centralizzato in app: rinnovare un visto, pagare le multe, registrare una nuova SIM, perfino denunciare una perdita d’acqua.
  • Il multiculturalismo reale. Non è la retorica dell’inclusività: a Dubai convivono 200 nazionalità e ogni giorno puoi interagire con persone che parlano, mangiano, pensano e lavorano in modi diversi. È una scuola accelerata di mondo.
  • La sicurezza. Lasciare il portafoglio al tavolo per andare in bagno, camminare da sola alle 3 del mattino: qui non è leggenda, è normalità.
  • La fiscalità personale. Per chi lavora come dipendente o freelance, non esiste imposta sul reddito personale. E anche per chi fa impresa, l’impostazione fiscale è decisamente più leggera rispetto all’Europa.

⚠️ Cosa può essere complicato

  • Il costo della vita. Gli affitti sono alti, soprattutto nelle zone centrali o vicino al mare. Anche l’istruzione privata ha cifre impegnative. Ma con una pianificazione sensata, il sistema è sostenibile.
  • Il clima. Da maggio a settembre il caldo è intenso, e vivere indoor diventa la norma. Chi ama la vita da passeggio potrebbe faticare.
  • Il distacco. Non è solo geografico: è culturale, relazionale, emotivo. La distanza dall’Italia – o da qualunque altra “casa” – qui non si misura in chilometri, ma nella velocità con cui tutto si muove, cambia, evolve.

🌱 Le possibilità concrete

Dubai non è solo business o turismo di lusso. È anche un luogo dove:

  • Si può lavorare da remoto con una residenza legale tramite i digital nomad visa.
  • È possibile aprire micro-imprese, boutique professionali o studi di consulenza.
  • Si trovano opportunità nel mondo del design, della salute, dell’istruzione, del tech, del food, dell’arte.
  • È possibile venire solo per sei mesi e capire se si è tagliati per questa esperienza.

Io, per esempio, sono arrivata per “vedere com’è”. Tre anni dopo sono ancora qui, con una vita più ordinata, un lavoro (e mezzo) che mi stimola e una routine in cui il tempo ha ripreso valore. Dubai non cambia la tua identità. Ma ti mette in condizione di riscriverla meglio.

Dire sì a Dubai significa ridisegnare le proprie priorità

Chi guarda a Dubai pensando solo in termini di tasse e clima rischia di coglierne solo una porzione superficiale. La vera promessa di questa città non è l’efficienza, ma l’occasione di ripensare le priorità: il tempo, l’energia, il lavoro, la convivenza, persino il modo in cui si misura il benessere.

Dubai è un progetto urbano e sociale fondato su un’idea radicale: l’attrazione del talento, qualunque sia la sua provenienza. E questo ha prodotto un laboratorio vivente, dove la provenienza geografica vale meno della progettualità individuale, e dove la cittadinanza non è una questione di nascita, ma di contributo.
Un contesto simile pone una domanda cruciale al visitatore (o al neo-residente): sono disposto a funzionare in un sistema che chiede risultati prima delle giustificazioni? Non è una domanda comoda. Ma è esattamente ciò che rende Dubai interessante: una città che misura tutto, ma giudica poco; che non ti chiede da dove vieni, ma cosa sei capace di fare con il tuo tempo qui.

In un mondo dove la complessità aumenta e molti Stati sembrano ripiegarsi su modelli sempre più difensivi, Dubai propone l’opposto: un sistema che accoglie chi decide di muoversi in avanti.
Non è questione di entusiasmo o rifiuto. È questione di compatibilità.

E allora sì, la domanda giusta non è “Dubai, sì o no?”
La domanda giusta è: in che sistema vuoi imparare a funzionare meglio?


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5 schede per approfondire

📌 Scheda 1. Vivere a Dubai: cosa significa davvero “qualità della vita”

Parlare di “qualità della vita” a Dubai significa uscire dai cliché. Non è solo aria condizionata, centri commerciali e brunch nel deserto. È la possibilità concreta di semplificare la quotidianità: pagamenti digitali ovunque, sanità efficiente, servizi centralizzati in un’unica app, taxi in pochi minuti e supermercati aperti h24.
Ma è anche vivere in una città progettata per funzionare, con quartieri costruiti come ecosistemi autosufficienti: casa, coworking, scuola, palestra, ristoranti e parchi nello stesso raggio di 500 metri.
Tutto questo ha un prezzo: gli affitti possono essere alti, e il caldo estremo per alcuni mesi dell’anno può pesare. Ma per chi arriva con un piano chiaro e con la volontà di riorganizzare il proprio stile di vita, Dubai può rappresentare una forma moderna di equilibrio tra lavoro e benessere personale, spesso irraggiungibile altrove.


📌 Scheda 2. Quanto costa davvero vivere a Dubai?

Uno degli equivoci più diffusi riguarda i costi della vita a Dubai. È una città cara? Sì, se vivi come un turista o come un espatriato non informato. Ma con le giuste scelte, Dubai può essere persino più sostenibile di molte metropoli europee.
Un monolocale arredato in zona semi-centrale (es. JVC o Business Bay) parte da circa 5.000–6.500 AED al mese (1 Dirham degli Emirati Arabi Uniti corrisponde a 0,24 EUR circa). Le spese condominiali sono spesso incluse. I trasporti pubblici sono economici, ma molti preferiscono auto a noleggio lungo termine (da 1.200 AED/mese).
Il vero salto si nota nei servizi: parrucchiere, lavanderia, baby-sitter, colf – tutto ha costi più accessibili rispetto a Milano o Parigi. La sanità è privata, ma con un’assicurazione decente si accede a cliniche eccellenti.
La spesa? Varia molto: ci sono supermarket internazionali (carissimi) e negozi locali (convenienti). Vivere bene a Dubai è possibile, ma richiede consapevolezza e capacità di pianificare.


📌 Scheda 3. Visti e residenza: come funziona davvero

Chi vuole vivere a Dubai deve fare i conti con una regola di base: senza un visto, non si sta. Ma rispetto a molti Paesi, ottenere un visto di residenza è più semplice, purché si sappia come muoversi.
Le principali opzioni:

  • Visto imprenditoriale (tramite apertura di società, anche per freelance)
  • Remote work visa (per lavoratori da remoto con reddito minimo dimostrabile)
  • Visto da dipendente (con sponsor aziendale)
  • Golden Visa (per investitori, professionisti altamente qualificati o proprietari immobiliari)

Ogni tipologia ha requisiti, costi e tempistiche diversi, ma tutte permettono di ottenere: Emirates ID, conto bancario, assicurazione sanitaria e residenza legale.
La chiave è non improvvisare: affidarsi a consulenti esperti evita errori banali (ma costosi) e accelera i tempi. Dubai è aperta, ma esige chiarezza. E ogni visto è un piccolo contratto con la città: se lo rispetti, lei funziona. Se lo ignori, ti chiude le porte.


📌 Scheda 4. Dubai non è (solo) per imprenditori

Una delle convinzioni più diffuse è che Dubai sia destinata esclusivamente a imprenditori o milionari. Falso. La città ospita una vasta classe media internazionale: insegnanti, fisioterapisti, ingegneri, sviluppatori, artisti, architetti, chef, personal trainer.
Ci sono opportunità in settori ad alta crescita: tech, sanità, educazione, comunicazione, design, energia sostenibile. Le aziende multinazionali cercano profili internazionali dinamici, flessibili, con competenze trasversali. E molte start-up locali hanno bisogno di professionalità che uniscano creatività e capacità operativa.
In parallelo, i visti per freelance e nomadi digitali hanno aperto la porta anche a chi lavora da remoto: basta dimostrare reddito stabile e avere un progetto professionale coerente.
Dubai è un contesto meritocratico, non elitario. Non importa da dove vieni, ma come ti presenti, cosa sai fare e che tipo di energia porti. Per chi è stanco di sentirsi invisibile, può diventare un’ottima risposta.


📌 Scheda 5. Tre cose che Dubai insegna a chi ci prova

  1. Velocità non significa fretta. A Dubai tutto si muove veloce: contratti, aperture aziendali, colloqui. Ma è una velocità strutturata, non caotica.
  2. Ordine è libertà. Le regole sono chiare, applicate e generalmente condivise. Niente zone grigie. In cambio, il sistema restituisce efficienza, sicurezza e margine decisionale.
  3. Apparenza e sostanza convivono. Sì, ci sono i grattacieli, gli hotel di lusso e le auto sportive. Ma sotto la superficie, c’è una macchina organizzativa che funziona, e una comunità internazionale con una sorprendente densità umana.

Chi resta a lungo a Dubai lo fa perché ha capito una cosa: non è l’effetto wow che ti conquista, è il senso di ordine e possibilità che resta. Non tutto è perfetto. Ma molte cose funzionano molto meglio del consueto a cui siamo abituati.

Isabelle Palazia

Sono Isabelle Palazia, una copywriter appassionata dello stile di vita di Dubai e mi piace sempre scoprire nuovi locali, eventi e tendenze della città, alla ricerca di nuovi posti cool e di avventure da condividere. Sono la voce "on the road" di QuiDubai scelta per raccontare tutto ciò che questa città ha da offrire in termini di cultura, divertimento e svago, e amo condividere le mie esperienze e opinioni con voi.

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