Il real estate a Dubai, raccontato da Paolo De Vita, non è un gioco di rendimenti aggressivi né l’ennesima storia patinata da social. È un terreno dove l’etica diventa leva commerciale, la competenza anticipa i trend e la relazione con il cliente si misura sulla trasparenza, non sulle promesse. Arrivato negli Emirati come investitore, De Vita ha costruito Domus Novus applicando una regola radicale: proporre solo ciò che lui stesso comprerebbe. È questo approccio, più che i numeri, ad avergli valso riconoscimenti ufficiali come una delle agenzie più affidabili del Paese. Ma dietro il professionista c’è anche una famiglia, una quotidianità e un modo diverso di stare a Dubai.

Paolo De Vita non ha mai interpretato il real estate come una corsa alla chiusura, né come un’arena dove l’agente più spregiudicato conquista il mercato. La sua traiettoria negli Emirati nasce da un percorso personale che attraversa formazione, coaching, intuizione finanziaria e una visione etica del lavoro: un approccio che, negli anni, gli ha permesso di consolidare Domus Novus come una delle realtà più rispettate del settore. Oggi, mentre molti associano Dubai all’immaginario dei video patinati e alle rendite facili, De Vita ha scelto una strada controcorrente: vendere soltanto ciò che consiglierebbe a se stesso, costruire un gruppo di pari e considerare ogni cliente come una relazione di lungo periodo.
Il punto di partenza è stato tutt’altro che lineare. Arrivato inizialmente come investitore, De Vita studia i meccanismi profondi del mercato off-plan: piani di pagamento pluriennali, immobili consegnati prima di essere completamente saldati, possibilità di affittare e generare cassa mentre il piano di pagamento prosegue. «Per me e mia moglie è stato un momento rivelatore. Neanche un anno qui a Dubai e mia moglie Michelle mi disse: “Conosciamo tutte le aree, tutti i developer, perché non apriamo la nostra agenzia?”. Aveva ragione: come investitore avevo già visto più progetti di quanti ne avessi mai analizzati in Italia.», mi racconta. «In Italia un modello così non esiste. Qui, se sai leggere il ciclo delle aree e dei developer, puoi anticipare il valore futuro.» Un’intuizione tecnica, certo, ma accompagnata da una condizione esistenziale: vivere in un Paese dove la quotidianità (scuola, sicurezza, servizi, multiculturalità) ha un peso concreto per un padre di cinque figlie.
Il metodo di De Vita comincia proprio qui: nella sintesi tra etica personale, fiducia nei meccanismi degli Emirati e formazione di lunga data. I riferimenti che cita – da Richard Bandler a Jeffrey Gitomer, da Jim Rohn a Joe Miceli fino a Michele Tribuzio (in arte Zio Mike) – sono poi diventati i tasselli di una visione pragmatica. Così, oggi, Paolo parla del real estate a Dubai con un rigore che sorprende. «Qui non si possono raccontare favole», mi dice fin dall’inizio della nostra intervista. «La gente qui viene per costruire una nuova vita.». Così ci abbiamo scherzato su: “La scelta De Vita” sarebbe un claim perfetto per la tua azienda!

Tra le battute di una conversazione piacevole e ritmata, viene fuori che quello del leader di Domus Novus è un modo netto di posizionare un mestiere spesso frainteso, immerso nell’iperbole dei social e nelle narrazioni facili. In questa conversazione Paolo riporta tutto sul terreno che gli appartiene: etica, responsabilità, visione. Gli chiedo come si traduca questa visione con un cliente di fronte.
«Con una regola semplice: ogni volta che analizziamo un progetto, dico ai miei agenti “Immagina di avere oggi 25 milioni sul conto. Questo building lo compreresti?”. Se non compreresti qualcosa per te, non puoi proporlo a un altro. Non è un principio astratto, per noi è una prassi operativa. Se un cliente insiste per un progetto che considero rischioso, gli mostro i motivi: qualità, storico del developer, criticità territoriali. E se vuole procedere comunque, gli chiedo di firmare una dichiarazione in cui si assume la responsabilità della scelta. Sai cosa accade? Nella maggior parte dei casi cambia idea. Quando capisce che non gli sto vendendo nulla a cuor leggero, si fida e ascolta.»
A quel punto gli pongo la domanda diretta: rinunciare a una vendita non ti pesa?
«No. Una vendita nata per chiudere e basta resta isolata. Una vendita fondata sulla fiducia torna indietro: oggi o domani. Il nostro 80% di clienti rientra, ricompra o ci manda qualcuno. È la dimostrazione che non serve inseguire tutto: serve fare bene ciò che proponi. Questo approccio ha modellato Domus Novus fin dall’inizio. Le autorità locali hanno appena riconosciuto l’agenzia come una delle più affidabili del Paese. D’altronde, qui la trasparenza non è un optional. Gli Emirati investono sulla solidità delle relazioni. Se ti muovi con coerenza, vieni visto.»
Passiamo alla lettura del territorio.
«Gli Emirati stanno ridisegnando la propria geografia. Abu Dhabi lavora su cultura e intrattenimento, Ras Al Khaimah accelera con il primo casino della regione, Dubai amplia turismo, lavoro, infrastrutture. Leggere questi cambiamenti con qualche anno di anticipo è fondamentale per proporre progetti che faranno strada. La capacità di leggere la realtà si può imparare. Io ai miei agenti non insegno a vendere: insegno a capire cosa hanno davanti. Quando impari questo, la relazione con il cliente cambia completamente.»
Poi arriva il principio che tiene insieme tutto il suo metodo: «Non vendiamo case. Costruiamo relazioni. E le relazioni richiedono verità, continuità, attenzione reale. Sono queste le basi che permettono a una storia di durare.» In queste parole si percepisce che l’elemento centrale del suo lavoro è lo sguardo: preciso sulle dinamiche immobiliari, attento sulle persone, capace di mettere insieme razionalità e sensibilità. È questo modo di osservare che guida Domus Novus e che, giorno dopo giorno, definisce il suo impatto nel mercato emiratino.
De Vita parla con la chiarezza di chi ha costruito la propria carriera tra gestione risorse umane, coaching e un’intensa esperienza internazionale.
«La vendita di mente può arrivare alla mente», spiega, «ma la vendita di cuore arriva sempre al cuore.»

C’è poi un elemento che Paolo considera decisivo. «Ho chiamato mia sorella, Annalisa. Lei fa l’agente immobiliare da venticinque anni in Italia. Le ho detto: ‘Vieni, costruiamo qualcosa insieme’». Ricorda ancora la sua reazione: «È impazzita dalla felicità. Nonostante i mercati fossero completamente diversi, lei ha portato un’esperienza tecnica enorme. E soprattutto una mentalità solida. La conoscono tutti: è precisa, metodica, rigorosissima. Averla con me è stato come mettere fondamenta più spesse sotto una casa.» Un approccio “caldo”, che mette la famiglia e i suoi valori davanti a tutto e che viene traslato in ufficio, nel concetto di team come “gruppo di pari”. Un approccio che non ha solo valorizzato la reputazione di Domus Novus: l’ha trasformata fino al suggello più recente: i premio ricevuto dalle autorità locali, un riconoscimento raro per una realtà relativamente giovane. E mentre gran parte del mercato si concentra sul breve termine, Domus Novus costruisce un modello diverso.
Vendere case a dubai con etica
Nel panorama ipercompetitivo del real estate emiratino, la figura di Paolo De Vita introduce una frattura interessante. Da un lato c’è l’immaginario che negli ultimi anni ha invaso i social: automobili da sogno, promesse di rendite istantanee, una narrazione che riduce Dubai a palcoscenico di ostentazione. Dall’altro, c’è la quotidianità sobria che De Vita rivendica: la scuola delle figlie, la spesa al supermercato, le corse tra un appuntamento e l’altro nella Dubai Marina che abita e che guarda dall’alto del ventitreesimo piano. E, soprattutto, un’idea di impresa che non tollera scorciatoie né compromessi.
È qui che si colloca la forza narrativa di un intero racconto: la normalità come centro. Gli chiedo: come leggi la trasformazione degli Emirati e qual è, secondo te, il punto di attenzione che un investitore non può permettersi di ignorare?
«Bisogna osservare la direzione dei progetti pubblici. Non solo i building e i masterplan: aeroporti, treni veloci, nuovi distretti culturali, l’arrivo di grandi operatori internazionali. Quando un Paese investe miliardi in infrastrutture, sta indicando la rotta dei prossimi dieci anni.»
Wow! E’ un metodo che richiede una qualità rara: pazienza strategica.
«Molti guardano Dubai solo per quello che è oggi. Io dico sempre: guarda Dubai per quello che sta diventando. I developer costruiscono seguendo una logica precisa, e gli Emirati non fanno mai una mossa senza un piano dietro. Io porto i miei clienti dentro la visione, non dentro la vendita. Se capiscono come funziona il Paese, allora capiscono cosa ha senso acquistare. Il mio compito non è convincere: è far vedere quello che oggi non è ancora evidente.»
A questo punto la conversazione torna sulle persone, sul suo team e sulla filosofia che ha modellato Domus Novus.
«Io voglio crescere con persone che condividano mentalità e responsabilità. Ho costruito il mio gruppo così. Non cerco agenti che vogliono fare una chiusura e sparire: cerco persone che vogliono camminare insieme. Quando esiste un gruppo allineato, la qualità delle scelte migliora. Il cliente se ne accorge. E quando il cliente percepisce stabilità, costruisce fiducia.»
C’è un passaggio che colpisce particolarmente: la sua insistenza sul concetto di normalità.
«Molti pensano che Dubai sia un luogo dove la vita è tutta un eccesso. Ma chi vive qui sa che è un posto dove si lavora, si portano i figli a scuola, si fa la spesa. È una città ordinata, sicura, che funziona. La vera forza è questa: ti permette di costruire, non solo di mostrare.» Parla di routine, non di performance. Di stabilità, non di impressione. E proprio questo ribalta la narrazione più diffusa.
Qual è, Paolo, l’eredità professionale che vuoi lasciare, il messaggio che desideri far passare a chi guarda Dubai come opportunità?
«Che si può lavorare con integrità, anche quando il mercato corre veloce. Che si può dire no, che si può scegliere bene, che il cliente non è un numero. Il vero risultato è quando qualcuno ti dice: “Mi hai consigliato la cosa giusta”.» La sua voce, in quel momento, non parla solo da imprenditore. Parla da padre, da formatore, da uomo che ha legato la sua vita quotidiana al destino di una città in trasformazione. «Alla fine», conclude, «la cosa più importante è costruire qualcosa che rimanga. E le cose che rimangono nascono sempre da un lavoro fatto bene.»

Questa coerenza diventa particolarmente evidente quando si analizza il modello relazionale della sua agenzia. La scelta di costruire un “gruppo dei pari” non è un vezzo motivazionale, ma un posizionamento strategico: un team che cresce allineato, senza dislivelli tossici, diventa più capace di leggere il mercato con lucidità, e soprattutto più credibile agli occhi di clienti abituati a un mondo – quello immobiliare – dove la logica del “mordi e fuggi” resta dominante. I premi ricevuti dalle autorità locali, in questo senso, sono un segnale che l’ecosistema emiratino premia modelli d’impresa basati su rigore, affidabilità, trasparenza. E che esiste spazio, anche a Dubai, per un real estate fondato più sulle relazioni che sull’enfasi.
Ma forse il contributo più rilevante di Paolo De Vita al dibattito sul vivere e investire a Dubai è un altro: sottrarre la città alla caricatura. La sua storia dimostra che esiste una Dubai fatta di famiglie, di routine, di scuole dove il public speaking si impara a scuola già a quattro anni, dove da bambini si parlano quattro o cinque lingue, di servizi che funzionano senza ostentazione. Una Dubai che non ha bisogno di essere spettacolare per essere credibile. E che, nel racconto di De Vita, diventa uno spazio di possibilità non perché “tutto è facile”, ma perché la combinazione tra stabilità, apertura e visione permette a chi possiede un’etica solida di costruire valore – per sé e per gli altri.



