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Dubai: residenza fiscale o miraggio?

Guida pratica (e senza peli sulla lingua) per l’imprenditore italiano

Tempo di lettura : 3 minuti

Dubai è nota a chiunque per essere la nuova “Mecca fiscale” per tutti quei professionisti,  imprenditori, medici italiani che vogliono cambiare vita, stanchi delle imposte nel bel Paese. Zero tasse sul reddito, burocrazia snella, un ecosistema economico vibrante… tutto molto bello, ma come ci si può trasferire definitivamente e smettere di pagare le tasse in italia, senza rischi?


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“Attenzione: non basta comprare un biglietto aereo o affittare un appartamento su Airbnb! le regole ci sono, sono tante e si aggiornano in continuazione, pertanto fidatevi di chi ci vive e ci lavorano da anni: anche a Dubai le regole vanno rispettate”. A raccontare le regole d’oro per trasferire la propria residenza fiscale a Dubai è Eleonora Cerri, autrice della nostra rubrica “Lo dice la Cerri” e insider per QuiDubai su argomenti che riguardano imprenditori e professionisti in procinto di trasferirsi per lavoro nell’emirato. La Cerri non ci parla solo di leggi in senso stretto. A Dubai esistono piccole abitudini, prassi non scritte e modi di fare che possono sorprendervi anche dopo settimane di permanenza. È un Paese dove la puntualità è presa sul serio, dove un documento dimenticato può fermare una pratica per giorni e dove un sorriso — sì, proprio un sorriso — può risolvere più di un intoppo burocratico.

Molti arrivano convinti che “tanto è tutto facile, basta pagare”. Scoprono presto che non è così. Certo, l’efficienza è reale: in pochi minuti si apre un conto, si rinnova un visto, si registra un contratto. Ma solo se si conosce la procedura corretta e si hanno i documenti perfetti. Dubai è la città dell’innovazione, ma anche della precisione: chi si muove con leggerezza, rischia di restare fermo”, racconta la Cerri nella nostra intervista-podcast che potete ascoltare anche sul canale Spotify dedicato.

Abbiamo continuato, quindi, la nostra chiacchierata con la consulente legale, Eleonora Cerri, per fare finalmente chiarezza, tra verità e false scorciatoie. Ecco una sintesi del suo intervento:

1. Il mito dei 90 giorni

Molti italiani pensano che bastino tre mesi all’anno a Dubai per diventare fiscalmente residenti.
👉Sbagliato.

Gli Emirati riconoscono tre possibilità:

  • 183 giorni: residenza fiscale automatica.
  • 90 giorni + residence visa + legami concreti: teoricamente valida, ma rischiosa.
  • Centro degli interessi vitali a Dubai: se la tua vita ruota lì, anche senza contare i giorni.

👉Morale: se vuoi convincere il fisco italiano, l’unica via sicura sono i 183 giorni.

👉LO SAI CHE…
 Il TRC internazionale, cioè il Tax Residency Certificate valido per i trattati fiscali, richiede obbligatoriamente 183 giorni di presenza effettiva. Con i 90 giorni ottieni solo un TRC “domestico”, utile dentro gli Emirati ma inutile in Italia.

2. I legami che contano (davvero)

Per gli Emirati non basta una società o un appartamento preso in affitto su Booking.

Devi dimostrare radici concrete a Dubai, come:

  • un alloggio stabile (contratto Ejari o proprietà),
  • un’attività economica operativa (non una scatola vuota),
  • contabilità in regola,
  • un residence visa valido,
  • conti bancari locali, utenze, assicurazione sanitaria… e magari la famiglia che vive con te.

👉TIP DELL’ESPERTO
 Vuoi evitare contestazioni? Documenta tutto: estratti conto, contratti di affitto, entry/exit report dei tuoi viaggi. Anche oggi, la carta resta la tua migliore alleata.

3. Italia vs Dubai: chi vince?

  • In Italia: sei residente fiscale se per più di 183 giorni sei iscritto all’anagrafe, o se hai domicilio o residenza (anche solo di fatto).
  • A Dubai: conta la presenza effettiva e i legami concreti.

Per evitare doppia imposizione serve:
 ✅ iscrizione all’AIRE,
 ✅ interessi economici e familiari spostati negli Emirati,
 ✅ nessuna abitazione prevalente in Italia.

⚠️ ATTENZIONE!
 Chi resta “a metà del guado” rischia la doppia imposizione: pagare le tasse sia in Italia che a Dubai. Situazione tipica di tanti che pensano di aver capito, ma che in realtà non si è mai informati bene.

4. La strategia vincente

Per un imprenditore italiano la regola è semplice:

  1. Passa almeno 183 giorni effettivi a Dubai.
  2. Trasferisci il tuo “centro di gravità fiscale” lì.
  3. Cura con estrema attenzione la documentazione.
  4. Non lasciare in Italia legami troppo forti (casa, famiglia, business).

Solo così avrai un TRC internazionale inattaccabile e potrai dire di vivere davvero negli Emirati, smettendo di fare la vista del turista.

CONCLUSIONE?
Dubai non è una scorciatoia, è una scelta di vita che deve essere affrontata con consapevolezza.

Chi la vive con superficialità rischia di trovarsi con due fisco contro, chi invece pianifica con serietà conquista un vantaggio competitivo enorme: più risorse da reinvestire nel proprio benessere ed una base strategica nel cuore del business globale.


Ancora dubbi? Rivolgiti a chi conosce queste dinamiche dall’interno.

Lo Studio di Eleonora Cerri, da anni radicato a Dubai e con sede all’interno della Suprema Corte di Giustizia, offre un’assistenza qualificata e costantemente aggiornata, grazie ad un dialogo diretto con le autorità emiratine.


La Redazione

Siamo il magazine di riferimento per gli Italiani a Dubai.
Parliamo di diverse tematiche, dagli eventi al lusso fino alle opportunità che questa magnifica città ci fornisce.

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