In Italia il fisco resta una montagna da scalare: accertamenti, cartelle esattoriali, burocrazia lenta e norme che cambiano di anno in anno. Anche chi agisce in buona fede finisce spesso intrappolato in un sistema che non distingue tra evasione e imprenditoria responsabile, minando la fiducia di chi produce ricchezza. A migliaia di chilometri di distanza, il fisco di Dubai racconta un’altra storia. Dal 2023 la corporate tax, estesa anche alle Free Zone Company, ha reso uniforme il quadro normativo per tutte le imprese. Eppure la logica resta chiara: poche regole, snellezza burocratica e servizi concreti in cambio delle imposte. È questa differenza culturale e strutturale che spiega perché tanti imprenditori guardano oggi agli Emirati Arabi Uniti come a un modello competitivo e prevedibile.
L’ineluttabilità del fisco italiano
In Italia il fisco rappresenta un ostacolo strutturale alla crescita delle imprese. È una presenza costante, fatta di accertamenti, cartelle, normative contraddittorie e burocrazia asfissiante. Chi lavora con onestà si trova comunque immerso in un sistema che sembra concepito più per punire che per sostenere. Nel nostro studio multidisciplinare raccogliamo storie emblematiche: imprenditori che hanno scelto di pagare prima gli stipendi e rinviare l’IVA, finendo poi sanzionati; aziende sottoposte ad accertamenti chiusi con un nulla di fatto, ma solo dopo mesi di ansia e spese legali; professionisti colpiti da cartelle esattoriali generate da errori del commercialista, senza possibilità di difesa rapida.
Il tratto comune è la percezione di un fisco inevitabile, da cui nessuno esce indenne. Questo pesa non solo sul piano economico, ma anche sul piano culturale: troppo spesso l’imprenditore viene guardato con sospetto, come se l’evasione fosse la norma e non l’eccezione. Eppure, le PMI italiane, che rappresentano oltre il 90% del tessuto produttivo nazionale, sono la vera spina dorsale dell’economia e continuano a garantire entrate fondamentali allo Stato.
A complicare ulteriormente il quadro c’è la contraddittorietà delle norme. Un anno si introducono agevolazioni, quello successivo vengono cancellate e trasformate in richieste di restituzione con tanto di interessi. In questo scenario, pianificare diventa quasi impossibile. Le nuove generazioni di imprenditori, cresciute tra promesse e ripensamenti, preferiscono spesso pagare più del dovuto pur di evitare contenziosi con l’Agenzia delle Entrate o la Guardia di Finanza.

L’errore di un consulente, poi, può avere effetti devastanti. Un commercialista che sbaglia una scadenza apre la strada a contenziosi che bloccano investimenti e progetti. È questa la vera ineluttabilità del fisco italiano: non solo la certezza di dover pagare, ma l’impossibilità di sentirsi al sicuro anche quando si rispettano tutte le regole.
Fare impresa in Italia è ancora possibile, ma a caro prezzo. Richiede coraggio, resilienza e – oggi più che mai – una pianificazione fiscale, bancaria, operativa e legale integrata. Un tempo considerata una strategia, oggi è una condizione vitale di sopravvivenza per chi non vuole soccombere sotto il peso di burocrazia e tassazione.
📊 Focus – Fisco a confronto: Italia vs Emirati
🔹 Il peso sulle PMI in Italia
Secondo CNA (Tax Observatory 2023), il carico fiscale medio per le piccole e medie imprese italiane è pari al 52,7% del profitto operativo. Una quota che comprende IRES, IRAP, contributi e imposte locali, e che rende difficile investire o crescere.
🔹 Il costo della burocrazia
Uno studio della Commissione Europea (2022) stima che le PMI italiane dedichino decine di giornate lavorative l’anno e una parte significativa dei profitti alla sola conformità fiscale: tempo e denaro spesi per compilare dichiarazioni, difendersi da accertamenti o gestire contraddizioni normative.
🔹 La corporate tax negli Emirati
Dal 1° giugno 2023 gli UAE hanno introdotto la corporate tax:
- 0% sugli utili fino a 375.000 AED (≈ 90.000 €)
- 9% per gli utili superiori.
Il sistema è lineare, chiaro e senza eccezioni macchinose.
🔹 Il peso fiscale complessivo
“In Italia il tax burden (peso delle tasse sul PIL) è al 42–43% secondo Eurostat. Negli Emirati, il peso fiscale complessivo resta tra i più bassi al mondo, con aliquote contenute e servizi percepiti come adeguati alle imposte versate.”
La semplicità del fisco emiratino
Negli Emirati Arabi Uniti il rapporto tra Stato e impresa segue una logica completamente diversa da quella italiana: poche regole, stabili e trasparenti, che offrono prevedibilità e fiducia. È questa impostazione che ha trasformato Dubai, negli ultimi vent’anni, in un polo internazionale capace di attrarre investitori e startup da ogni parte del mondo.
Dal 1° giugno 2023 la corporate tax a Dubai, estesa anche alle Free Zone Company, ha uniformato il quadro normativo:
- 0% sugli utili fino a 375.000 AED (≈ 90.000 €);
- 9% sugli utili superiori.
L’introduzione della tassa ha eliminato disparità e consolidato un sistema fiscale che rimane tra i più competitivi al mondo. La vera differenza rispetto all’Italia non è nell’aliquota, ma nella linearità del modello. Chi decide di aprire una società a Dubai sa in anticipo quanto dovrà pagare e come pianificare: i costi deducibili sono definiti, non esistono contraddizioni normative e le interpretazioni non variano da ufficio a ufficio. Le regole sono poche, uguali per tutti e facili da rispettare.
Anche le sanzioni sono severe – possono arrivare alla revoca della licenza o del visto – ma non generano incertezza. Al contrario, l’imprenditore percepisce coerenza e chiarezza: chi rispetta le regole può concentrarsi sulla crescita, senza timore di cartelle retroattive o cavilli burocratici.
Il pagamento delle tasse negli Emirati, inoltre, restituisce un valore immediato. Le risorse raccolte finanziano infrastrutture moderne, servizi digitali rapidi, sicurezza tra le più alte al mondo e un sistema bancario che sostiene i progetti imprenditoriali. Qui il messaggio è semplice: paghi poco, ma ottieni molto.
Da un lato, l’Italia, dov assumere un nuovo dipendente è un rischio, il tax burden supera il 42% del PIL e le PMI versano oltre la metà dei propri profitti in imposte e contributi. Dall’altro, gli Emirati, dove un sistema fiscale snello e prevedibile si traduce in stabilità e sviluppo. È questo il vero divario: non tanto le percentuali, quanto il rispetto per chi fa impresa. E se vuoi approfondire, clicca qui e leggi la guida completa nell’articolo dedicato a quali tasse si pagano a Dubai.
📦 Focus – Il fisco emiratino in pratica
🔹 Corporate Tax introdotta nel 2023
- 0% sugli utili fino a 375.000 AED (≈ 90.000 €).
- 9% sugli utili superiori.
- Regole semplici e trasparenti, senza eccezioni complicate.
Fonte: UAE Ministry of Finance, 2023.
🔹 Free Zone Companies
Le società registrate nelle free zone mantengono benefici fiscali se rispettano requisiti di “substance” (attività effettiva svolta nel Paese). Questo le rende ancora competitive, soprattutto per startup e imprese internazionali.
🔹 Tempi burocratici record
Secondo il World Bank Ease of Doing Business, la registrazione di una società a Dubai può richiedere meno di una settimana, contro le 5–6 settimane medie in Italia. Secondo TradingEconomics, gli UAE sono al 16º posto su 190 economie per facilità di fare impresa (Ease of Doing Business). Qui il documento utilissimo KPMG – Doing Business in the UAE (2024 PDF), che spiega, tra le altre cose come il nuovo regime fiscale influisce sul business.
🔹 Sanzioni severe, ma chiare
Chi non rispetta le regole rischia multe salate, revoca di licenze o visti, fino all’espulsione. La differenza rispetto all’Italia? Le norme sono poche e uguali per tutti, quindi facili da rispettare.
🔹 Un sistema che restituisce
Le imposte finanziano infrastrutture di livello mondiale, sicurezza tra le più alte al globo, servizi rapidi e digitalizzati. Il messaggio per l’imprenditore è chiaro: paghi poco, ma ottieni molto.
Due visioni opposte, una riflessione necessaria
Il confronto tra Italia ed Emirati Arabi Uniti racconta due approcci al rapporto tra Stato e impresa radicalmente diversi. In Italia, il fisco è percepito come un avversario: regole contraddittorie, controlli opprimenti, cartelle retroattive che minano la fiducia di chi lavora. Negli Emirati, invece, il sistema fiscale è concepito come un patto chiaro: poche regole, aliquote competitive e un ritorno tangibile in servizi, infrastrutture e stabilità.
Il punto centrale, per me, non è l’aliquota in sé. Un imprenditore è disposto a pagare le imposte, anche severe, se percepisce che hanno un senso, se le regole sono chiare e se in cambio riceve stabilità, servizi e rispetto. È qui che si misura la distanza tra l’ineluttabilità del fisco italiano e la semplicità di quello emiratino. In Italia, pagare non garantisce serenità: restano sempre l’incertezza normativa e la paura di errori che possono trasformarsi in anni di contenziosi. A Dubai, invece, rispettare le regole significa poter guardare avanti, investire e crescere con fiducia. È un cambiamento di paradigma che spiega perché tanti imprenditori guardano oggi agli Emirati come a un ecosistema più moderno e competitivo.
Mi chiamo Enrico Cucinotta, mi occupo di consulenza fiscale e operativa per imprese italiane ed estere. Ogni giorno aiuto imprenditori a orientarsi tra complessità normative e opportunità globali. Seguimi su QuiDubai per approfondire scenari economici e strategie concrete per far crescere il tuo business.
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