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Dubai: Midday break, caldo, lavoro, benessere

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Nell’insolito e brillante mondo di Dubai, dove il futuro è costruito mattone su mattone sotto un sole inesorabile, arriva il momento in cui anche la più instancabile delle città deve ammettere la sconfitta. Non è una resa, sia chiaro, ma una pausa strategica. Quando le temperature estive trasformano l’aria in una zuppa bollente, entra in scena una legge tanto pragmatica quanto curiosa: la “Midday break”. Un’interruzione sacra del lavoro all’aperto, un piccolo ma significativo saggio di umanità in un deserto di ambizioni, che da ventun anni a questa parte ridisegna il ritmo di un’intera metropoli.


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Il gran caldo e il piccolo riposo: la “midday break” entra in scena

Immaginate un forno. Anzi, no. Immaginate un forno aperto, piazzato sotto un gigantesco asciugacapelli cosmico, e poi chiedetevi di passare otto ore lì, magari maneggiando attrezzi pesanti o asfaltando strade che, in un modo o nell’altro, torneranno a sciogliersi. Benvenuti all’estate di Dubai, un periodo dell’anno in cui il “sole” non è solo una fonte di luce, ma una vera e propria arma. È proprio in questo scenario che il Ministero delle Risorse Umane e dell’Emiratizzazione (MoHRE) non ha avuto altra scelta se non tirare fuori il suo asso nella manica: la “Midday break”. Dal 15 giugno al 15 settembre 2025, dalle 12:30 alle 15:00, il lavoro sotto la luce diretta del sole diventa ufficialmente un’attività da non fare. E non è una raccomandazione, intendiamoci, ma un divieto.

Questa non è una trovata dell’ultimo minuto, un capriccio burocratico. Tutt’altro. Siamo alla 21esima edizione di questa pausa obbligatoria, il che la rende più una tradizione consolidata che una semplice regola. È un po’ come la nonna che insiste per farti indossare il maglione anche quando non fa freddo: all’inizio mugugni, ma poi capisci che è per il tuo bene. Qui, il “bene” è la protezione da colpi di calore, disidratazione e altri spiacevoli inconvenienti che trasformerebbero un lavoratore zelante in un pezzo di pane tostato. Dubai, con le sue ambizioni vertiginose, ha capito che anche l’acciaio e il vetro non possono prosperare se chi li maneggia si fonde prima del tempo. Le multe per le aziende che osano ignorare questa santa regola non sono bruscolini: si parla di cifre che farebbero sudare freddo anche senza il sole di mezzogiorno, fino a 50.000 AED per lavoratore coinvolto in infrazioni multiple, e fino a mezzo milione per le recidive più gravi. Non è un suggerimento, è una condanna. E giustamente, verrebbe da dire. L’emirato, in un mondo che a volte sembra dimenticare il valore umano, sta mettendo un punto fermo sulla salute e sulla sicurezza di coloro che costruiscono il suo futuro, mattone dopo mattone, sotto un sole che, come si suol dire, “spacca le pietre”.

Ottimo! Sembra che il nostro viaggio nel torrido (ma sorprendentemente organizzato) cuore di Dubai stia procedendo per il meglio. Ora, prepariamoci a scoprire che la pausa di mezzogiorno non è l’unica trovata geniale di questo emirato.


Oltre la pausa: ombra, idratazione ed eroismo quotidiano

Ora, non pensiate che il Ministero si sia limitato a dire “non lavorate, fa caldo” e poi si sia messo a sorseggiare tè freddo in un ufficio climatizzato. Nossignori. La “Midday break” è solo la punta dell’iceberg di un impegno più vasto e, oserei dire, sorprendentemente premuroso. Immaginate i cantieri di Dubai, che di solito assomigliano a formicai impazziti, improvvisamente dotati di aree di riposo ombreggiate che, con un po’ di fortuna, potrebbero avere la ventilazione forzata. Non un lusso, ma una necessità vitale. E poi c’è l’acqua, quella benedetta H2O che, in queste latitudini, vale quasi quanto il petrolio. Le aziende sono obbligate a garantire acqua potabile fresca in abbondanza, e non quella tiepida che ti fa desiderare di essere altrove.

Ma la vera magia avviene nella mente delle persone. Il MoHRE non si affida solo alle sanzioni; lancia campagne di sensibilizzazione che spiegano ai lavoratori (e ai loro datori, che a volte necessitano di un promemoria extra) che il colpo di calore non è un’allegra finzione cinematografica, ma una brutta faccenda reale. È un po’ come quando tua madre ti diceva di non correre con le forbici: fastidioso, ma per il tuo bene. E per assicurarsi che tutti seguano le regole, le squadre di ispezione del MoHRE si aggirano come guardiani del benessere, pronte a pizzicare chi pensa che una multa sia solo un costo aziendale da ammortizzare.

Ora, la questione si fa più spinosa: come diavolo si fa a mantenere la produttività quando il sole decide di trasformare l’asfalto in una padella rovente e gli esseri umani in scaloppine? Beh, qui entra in gioco la proverbiale ingegnosità locale. Le aziende si arrovellano il cervello per riorganizzare orari e operazioni. Spesso, la giornata lavorativa inizia all’alba, con una frenesia quasi poetica prima che il calore diventi insopportabile. Certi lavori vengono addirittura rimandati alle fresche (si fa per dire) ore serali, trasformando i cantieri notturni in scene che farebbero la gioia di un regista. È un balletto costante tra il martello e l’orologio, tra il bisogno di costruire e la realtà fisica.

Certo, si potrebbe pensare che tutto questo sia un freno all’inarrestabile macchina economica di Dubai. Ma qui sta il punto. L’emirato ha capito che investire nella salute dei lavoratori non è un costo, ma un asset prezioso. Un lavoratore sano è un lavoratore efficiente, motivato, e meno propenso a volatilizzarsi nel nulla per via di un’insolazione. E poi c’è il fattore umano, quello che fa la differenza. Pensate alla prima autista donna di Noon, un’eroina del quotidiano che, tra un pacco e l’altro, affronta il caldo torrido con un sorriso. La sua testimonianza, se potessimo coglierla in un momento di pausa, rivelerebbe probabilmente che, nonostante la fatica, la consapevolezza di essere protetta da una politica aziendale attenta le permette di amare il suo lavoro e di svolgerlo con dignità. Non è solo una questione di regole, ma di un sistema che, nel suo complesso, cerca di valorizzare chi fa girare le rotelle di questa città. È una lezione che, forse, altri climi meno estremi potrebbero imparare.

Un modello di bilanciamento: il futuro del lavoro in climi estremi

La “Midday break” di Dubai, giunta alla sua 21esima edizione, non è più un semplice ritocco normativo; è diventata una vera e propria istituzione, un po’ come il tè delle cinque in Inghilterra o il traffico a Roma. Trascende il significato di una mera normativa temporanea, elevandosi a un modello di bilanciamento tra gli imperativi economici – dopotutto, le gru non si fermano da sole – e i diritti umani. E in un mondo che sembra fare i conti sempre più spesso con la canicola estiva (chiedete a chiunque abbia passato un agosto recente in Europa), il successo di questa politica nell’emirato ne fa un caso studio significativo. Forse, la domanda cruciale che si dovrebbe porre non è se ci si può permettere di fare una pausa, ma piuttosto se ci si può permettere di non farla. Il successo di questa iniziativa dimostra che la protezione del lavoratore non è un costo, ma un investimento, una mossa astuta per la resilienza e la sostenibilità di un’economia che, altrimenti, rischierebbe di sciogliersi sotto il sole.

Ma non pensate che sia tutto rose e fiori, o meglio, oasi e aria condizionata. Nonostante i progressi e le buone intenzioni, le sfide persistono. Assicurare la piena conformità da parte di tutte le aziende, incluse le realtà più piccole e meno strutturate, è un lavoro continuo che richiede occhio di falco e polso fermo. C’è sempre qualcuno che cerca di aggirare la regola, magari convincendosi che “un’oretta in più non fa male a nessuno”.

Il futuro del lavoro in climi così ardui richiederà, probabilmente, un pizzico di magia tecnologica in più. Magari arriveranno le uniformi che producono la loro brezza rinfrescante, o elmetti smart che monitorano il livello di idratazione e lanciano l’allarme se il lavoratore sta per diventare un ghiacciolo disidratato. Ma al di là degli strumenti, la riflessione più profonda concerne il principio etico: può la frenesia della produttività economica giustificare l’esposizione umana a rischi inaccettabili? O il diritto inalienabile alla salute e alla sicurezza debba sempre prevalere, fungendo da bussola per lo sviluppo di nuovi modelli lavorativi globali? Dubai, con la sua “Midday break” e il suo sole implacabile, non offre solo grattacieli e lusso, ma anche un laboratorio vivente per rispondere a queste domande cruciali. Ci mostra una strada in cui l’avanguardia economica può (e forse deve) andare a braccetto con una profonda responsabilità sociale. E questo, per un luogo spesso visto solo come un’esibizione di eccessi, è un messaggio rinfrescante come un bicchiere d’acqua ghiacciata a mezzogiorno.

Isabelle Palazia

Sono Isabelle Palazia, una copywriter appassionata della vita notturna e mi piace sempre scoprire nuovi locali, eventi e tendenze della città, sempre alla ricerca di nuovi posti cool e di avventure da condividere. Sono la voce "on the road" di QuiDubai scelta per raccontare tutto ciò che questa città ha da offrire in termini di cultura, divertimento e svago, e amo condividere le mie esperienze e opinioni con voi.

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