Un numero sempre maggiore di imprenditori italiani si affida a intelligenze artificiali o a consulenti improvvisati per orientarsi tra le complessità fiscali. Ma quando si parla di tasse e società estere, un consiglio superficiale può trasformarsi in un rischio enorme, sia legale che economico. Enrico Cucinotta, fiscalista internazionale e direttore operativo di MP Consultancy LTD, racconta perché l’ottimizzazione fiscale non può essere lasciata al caso: “Chi crede di trovare scorciatoie con AI o consulenti senza struttura mette a repentaglio anni di lavoro”. Dal confronto tra Italia e Dubai emerge un principio chiaro: pianificazione fiscale sì, ma solo con una guida multidisciplinare e internazionale che assicuri protezione e crescita.
I limiti dell’assistenza fiscale in Italia
La maggior parte degli studi di commercialisti e fiscalisti in Italia è composta da uno a cinque professionisti. Basta guardare i numeri: circa 120.000 commercialisti iscritti all’albo e oltre 5 milioni di partite IVA attive. Se tutte si rivolgessero a un consulente, significherebbe che ogni commercialista dovrebbe gestire almeno 40 clienti in media.
Quaranta clienti che, quotidianamente o mensilmente, avrebbero bisogno di risposte tempestive, di una pianificazione fiscale personalizzata, di strategie su misura. È evidente che, con una struttura così ridotta, questo sia matematicamente impossibile. La conseguenza è che molti imprenditori italiani si ritrovano con consulenze standardizzate, poco incisive, incapaci di prevenire errori o di valorizzare opportunità.

A peggiorare il quadro ci si mette l’intelligenza artificiale. Sempre più imprenditori, convinti di risparmiare tempo e denaro, si affidano a strumenti automatici che promettono risposte su regimi fiscali e società estere. Ma la fiscalità non è un algoritmo statico: le norme cambiano, i contesti internazionali evolvono, le interpretazioni si modificano. Un consiglio sbagliato può trasformare un’opportunità in un rischio enorme.
La verità è semplice: senza professionisti adeguatamente formati e strutturati, il problema non è pagare troppe tasse, ma compromettere il lavoro di una vita.
📦 Focus – Le zone fiscali speciali di Dubai sotto la lente
Negli anni passati, molte giurisdizioni di Dubai – come le Offshore e alcune Free Zone – venivano percepite come soluzioni “blindate”, sinonimo di anonimato e privacy assoluta. Questa visione, alimentata spesso da consulenti improvvisati o persino da algoritmi di intelligenza artificiale, non corrisponde più alla realtà.
Gli Emirati Arabi Uniti hanno compiuto uno sforzo enorme per allinearsi agli standard internazionali di trasparenza fiscale e rientrare nelle white list dell’OCSE e dell’Unione Europea. Oggi, chi sceglie una Free Zone deve dimostrare sostanza economica reale (economic substance), mentre le società Offshore hanno perso gran parte del loro appeal, proprio perché la totale opacità non è più accettata a livello globale.
Questo cambiamento non va visto come un limite, ma come una garanzia: operare in una giurisdizione che ha fatto della trasparenza un punto di forza significa poter pianificare con maggiore sicurezza e credibilità, evitando rischi futuri. A Dubai, quindi, la competitività fiscale resta alta, ma è inserita in un contesto solido, coerente e rispettato a livello internazionale.
Dubai e i falsi miti diffusi da AI e consulenti improvvisati
Sempre più spesso mi capita di ascoltare imprenditori italiani che arrivano da me convinti di avere già la soluzione in tasca. Hanno letto risposte fornite da qualche intelligenza artificiale o ricevuto “consigli” da consulenti improvvisati, e il copione è quasi sempre lo stesso: “A Dubai ci sono tre tipi di società – Mainland, Free Zone e Offshore – e le migliori sono le Offshore, perché garantiscono privacy totale e sono inattaccabili”.
Ecco il punto: non è così. Questa narrativa è pericolosa perché si basa su informazioni superate o, peggio, su interpretazioni superficiali.
Le Offshore non offrono più le tutele che venivano decantate dieci anni fa. Chi sceglie questa strada rischia di ritrovarsi in situazioni scomode dal punto di vista fiscale e legale, soprattutto nei rapporti con l’Italia e l’Europa.
Le Free Zone hanno ancora numerosi vantaggi, ma dal 2023 sono anch’esse soggette alla corporate tax del 9% oltre i 375.000 AED di utili. Non sono un “porto franco eterno”, come qualcuno continua a sostenere.
Le Mainland restano la scelta più trasparente e solida per chi vuole operare a tutto tondo negli Emirati, ma richiedono attenzione nella pianificazione e nella struttura operativa.
Il problema non è la giurisdizione in sé, ma la leggerezza con cui viene proposta. Se ti affidi a chi non ha una struttura multidisciplinare e internazionale, rischi di compromettere anni di lavoro. Le normative cambiano di continuo, e solo chi studia il sistema da dentro può guidarti con cognizione di causa.
Io lo dico sempre ai miei clienti: non cercate scorciatoie con l’AI o con chi promette soluzioni facili. A Dubai le regole sono poche, chiare e severe. Se vuoi beneficiarne, devi rispettarle, strutturarti bene e affidarti a chi conosce davvero il territorio.
Due visioni opposte, una riflessione necessaria
Il confronto tra Italia ed Emirati Arabi Uniti racconta due mondi fiscali agli antipodi. Da un lato l’Italia, dove la pressione fiscale complessiva supera il 42% del PIL e dove gli imprenditori vivono con l’ansia di cartelle retroattive, accertamenti e normative in continua contraddizione. Dall’altro Dubai, dove poche regole chiare, aliquote competitive e servizi tangibili restituiscono fiducia a chi investe, creando un contesto favorevole allo sviluppo e alla pianificazione di lungo periodo.
La differenza non è soltanto nei numeri, ma soprattutto nel rapporto tra Stato e impresa. In Italia il fisco viene percepito come un avversario da cui difendersi; negli Emirati, invece, come un partner che chiede contributi proporzionati e garantisce stabilità, infrastrutture e qualità della vita in cambio. È un cambio di paradigma che spiega perché sempre più imprenditori italiani guardano a Dubai non come a un rifugio fiscale, ma come a un ecosistema moderno, competitivo e rispettoso.
Il punto centrale è che un imprenditore è disposto a pagare anche imposte severe, se in cambio riceve regole chiare, servizi concreti e rispetto. Questo è ciò che ancora manca in Italia ed è invece la forza degli Emirati.
✍️ Mi chiamo Enrico Cucinotta, mi occupo di consulenza fiscale e operativa per imprese italiane ed estere. Ogni giorno aiuto imprenditori a orientarsi tra complessità normative e opportunità globali. Seguimi su QuiDubai per scoprire scenari economici e strategie concrete per far crescere il tuo business.